Istamina: rapporto Efsa su 30 segnalazioni del Rasff

03 Nov Istamina: rapporto Efsa su 30 segnalazioni del Rasff

L’autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha pubblicato un rapporto sulle centinaia di casi di intossicazione alimentare causati dall’eccesso di istamina nel tonno proveniente da fornitori spagnoli e messicani, che negli ultimi anni hanno colpito consumatori europei, in particolare in Spagna, Italia, Francia, Croazia e Danimarca. L’assistenza scientifica dell’Efsa nell’indagine sulle cause di queste contaminazioni era stata richiesta dalla Commissione Ue nel luglio 2013.

Per la sua analisi, l’Efsa ha utilizzato le informazioni sulla tracciabilità, i dati epidemiologici e analitici ricavabili dalle notifiche inviate dai vari Stati al Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff), verificando se nei vari casi di contaminazione di tonno da istamina fossero riscontrabili fattori comuni nella catena di distribuzione.

Secondo l’Efsa, non è identificabile un unico evento nella catena di approvvigionamento, come un errore di stoccaggio da parte di un’impresa, che possa spiegare tutti i casi di intossicazione da istamina nel tonno. Il rapporto dell’Efsa ha preso in considerazione 30 segnalazione al sistema Rasff, di cui 21 sono state raggruppate in quattro eventi distinti, perché rivelavano delle connessioni. Dall’analisi dei dati, sintetizzati dal sito Food Quality News, emerge come i problemi di temperatura durante il raffreddamento, la conservazione e la trasformazione dopo la pesca, abbiano giocato un ruolo importante nel favorire la produzione di istamina.

L’istamina è una sostanza che si forma naturalmente dalla degradazione dell’istidina, un amminoacido abbondante nel tonno e altri pesci della stessa famiglia come sgombri e sardine, soprattutto in caso di cattiva conservazione. L’istamina può provocare la sindrome sgombroide, un’intossicazione caratterizzata da arrossamento, prurito, mal di testa, difficoltà a deglutire, nausea, vomito e diarrea. I sintomi compaiono da pochi minuti a un paio d’ore dal consumo dell’alimento contaminato e nella maggior parte dei casi non richiedono l’intervento medico.